Ecco allora che se nel nostro Paese si vanno creando nuove reti di impresa, com’è per il veneziano V.Y.S.A. o nuove alleanze tra porti, com’è per la neo costituita Rete Marine del Friuli Venezia Giulia che vede la presenza di una ventina di attori della portualità turistica regionale, da Southampton, sede centrale della Walcon Marine Ltd, si affida all’ing. Sara Lanzoni (nella foto) la direzione dell’area Italia proprio per investire nel territorio con la costituenda Walcon Marine Italia, azienda che come dichiara nell’intervista esclusiva a Nautica James Walters direttore generale dell’inglese Walcon “vorremmo si applicasse il concetto nautico anglosassone all’Italia per rilanciare sia le strutture costiere che per quelle in acque interne ma soprattutto per stimolare l’avvento di una nuova cultura dell’andar per mare ”.
Allora partiamo dall’acquisto dell’imbarcazione e dai diversi percorsi del diportista /armatore:
“ In Gran Bretagna, prima si valuta se acquistare o meno una barca, poi si pensa al miglior posto dove tenerla e poi al club nautico a cui associarsi”.
A differenza dell’Italia, In U.K., per poter navigare non occorre la patente nautica o il superamento di un esame, ma è il club al quale si appartiene che dice se si è abili, o meno, per poter condurre un’imbarcazione. Dunque è una questione di pratica e di esperienza più che di teoria?
“Non occorre una patente nautica per avere una barca di lunghezza tra i 4 e i 40m!
In realtà il club nautico di appartenenza non ha un ruolo vero e proprio in merito alla valutazione della tua abilità di condurre un’imbarcazione però è un punto di riferimento. Ci sono numerosissimi corsi che si possono frequentare, organizzati da RYA (Royal Yacht Association) per imparare e guadagnare sicurezza. Non so valutare se sarebbe un bene o un male per l’industria nautica l’eventuale introduzione di attestazioni al riguardo o patenti vere e proprie. Io sono un velista esperto ma non ho ‘qualifiche’ e sarei molto dispiaciuto se non mi fosse consentito andare in acqua per via di ciò“.
La maggior parte delle imbarcazioni in Gran Bretagna sono di piccola o media dimensione (lunghezza fino a 12m), lo ‘status’ di possedere un super-yacht non è sentito come in Italia…
“Direi che l’affermazione in merito alla misura delle barche sia corretta. La media delle barche è decisamente sotto i 12m di lunghezza. C’è un discreto numero di imbarcazioni di lunghezza compresa tra i 12 e i 15m ma si vedono, raramente, super-yacht in giro. Probabilmente perché non ci sono molti posti barca per loro ma, credo, sia principalmente per il fatto che chi si può permettere un’imbarcazione grande preferisca tenerla dove il clima è migliore rispetto a quello inglese”.
Dunque le marine esistenti non contano sulla presenza di super-yacht e sono, principalmente, progettate per ospitare imbarcazioni medio-piccole?
“Esatto! Non ci sono effettivamente posti barca per i super-yacht. Non c’è richiesta per tali posti. Probabilmente – è una supposizione, ce ne sarebbero di più se potessero avere posti adeguati dove ormeggiarsi”.
L’andare per mare è sentito maggiormente come uno sport o un’attività appassionante piuttosto che un momento di vacanza o uno ‘status’?
“Osservazione interessante. Ritengo che sia necessario considerare il fatto che perché la nautica diventi un fatto sociale bisogna che i giovani intraprendano l’attività di andare in barca, inizialmente, come hobby che poi, ben presto, si trasforma in uno sport. Poi, con il passare degli anni, ritorna ad essere un’attività per il tempo libero, o una passione”.
Vorremmo lanciare il messaggio che una possibile ripresa della industria nautica, in Italia, richiede un investimento sui giovani, per attirarli verso l’andare in barca come attività sportiva, come hobby, un investimento in cultura nautica fin dalle scuole elementari, per ripartire dal concetto autentico e sano di nautica (di piccola nautica, di nautica come sport, di nautica sociale) per agevolare lo sviluppo di club nautici, l’associazionismo, la realizzazione di marina/approdi, strutture diffuse per l’alaggio e varo di derive, anche lungo i corsi d’acqua, e in tutte le città di mare, incentivare la diffusione dei rimessaggi a secco e delle strutture per il ricovero delle piccole imbarcazioni meno costose, e così via. Proprio partendo da questi concetti, vorremmo introdurre il possibile ruolo di Walcon Marine (Italia), trasponendo/applicando il concetto nautico anglo-sassone all’Italia…
Inoltre l’ingegnere Sara Lanzoni ci ha spiegato:
“Stiamo lavorando a nuovi progetti di strutture galleggianti per il turismo marittimo, fluviale e lacustre, non necessariamente connesse con la nautica e a strutture per il rimessaggio a secco delle imbarcazioni (dry stock storage), dal design accattivante, a basso impatto ‘paesaggistico’ e che vedono l’impiego di materiali eco-compatibili, rinnovabili e riciclabili. Ma non vogliamo anticipare troppo, il tutto verrà presentato, entro la fine del 2016. Siamo, inoltre, attivamente impegnati, in collaborazione con enti locali del territorio padano, per lo sviluppo di approdi e punti di sosta multi-funzionali, lungo idrovie di nuova apertura, oltre al rinnovo e ampliamento di quelli esistenti ”
da NAUTICA di Settembre 2016
n.653 anno LV